mercoledì 27 ottobre 2010

ALTRI SOLDI BUTTATI E VAIIIIIIIIII

Parcheggio interrato, Comune affossato: l’ente soccombe in giudizio e paga danni per 300mila euro

ORTONA. Dopo le condanne penali arriva anche quella del risarcimento danni alla ditta ingiustamente esclusa.



Così, secondo una sentenza di alcuni mesi della Cassazione, il Comune di Ortona dovrà risarcire alla ditta Russello di Gela, originariamente vincitrice di una gara d'appalto per la costruzione del parcheggio interrato del Ciavocco, una cifra non inferiore a € 300.000 comprensivi di rivalutazione, mancato guadagno e spese legali.

Quella del parcheggio che doveva nascere inizialmente a piazza San Francesco e poi spostato nel 1995 nella zona di piazza Plebiscito è una storia emblematica nata male, proseguita peggio ma voluta a tutti i costi dalle amministrazioni che si sono susseguite fino ad oggi.

Lo scopo era quello di utilizzare un originario finanziamento della Regione di circa 2milioni di euro. La vicenda si conclude con questa sentenza della Cassazione che mette fine a una storia di conflitti decennali tra l'amministrazione comunale e la ditta e consente probabilmente di tirare le somme su questa storia che ha portato moltissime conseguenze negative ed ha mutato per sempre l'aspetto di una parte della città. Oltre i danni, oggi si deve registrare come con notevole ritardo quel parcheggio è stato finalmente concluso da un'altra ditta e da qualche anno è stato inaugurato ma non gode di buona salute ed appare essere poco utilizzato e dunque può dirsi un'opera poco utile per risolvere i problemi di parcheggio.



UNA STORIA LUNGA 11 ANNI

Dopo una serie di atti preparativi amministrativi, come deliberazioni del consiglio comunale che davano il via alla procedura di appalto, il 12 marzo 1999 il Comune e la ditta Russello stipularono il contratto di appalto che aveva come oggetto la costruzione del parcheggio a tre piani interrati (nel frattempo sono diventati quattro) che doveva essere concluso in appena 18 mesi.

Subito dopo la stipula del contratto, però, tra le parti insorge una controversia su presunte carenze progettuali lamentate dalla società su alcuni aspetti del progetto esecutivi (per esempio i calcoli del cemento armato) e su quale parte se ne dovesse fare carico.

Una controversa strana poiché non era la prima opera pubblica varata dal Comune e le norme in questo caso parlano chiaro e pongono in capo all'ente pubblico la predisposizione del progetto esecutivo mentre lasciano alla ditta l'esecutività, dunque, la posa in opera di quanto stabilito dal Comune.

Per dirimere questa controversia venne attivato un collegio arbitrale che si pronunciò con un lodo che condannava sostanzialmente il Comune per inadempimento contrattuale obbligandolo al risarcimento dei danni.

Nel frattempo 19 maggio 2000 la giunta comunale aveva deliberato la rescissione del contratto d'appalto ed aveva affidato i lavori ad una seconda ditta che era subentrata per terminare il parcheggio. Le vicissitudini giudiziarie della controversia sono composite e complicate e trascinano le parti fino in Cassazione dove il giudizio diventa definitivo.

Così la Suprema corte stabilisce la liceità di quanto stabilito in parte nel lodo arbitrale e cioè che quei 380 milioni di vecchie lire devono essere pagati alla ditta ma che bisogna a questa cifra aggiungere la rivalutazione e gli interessi legali.

Una rivalutazione che secondo la Corte deve essere calcolata dal giorno in cui i lavori dovevano essere terminati e cioè il 12 ottobre 2000. A conti fatti la cifra che viene fuori si aggira intorno ai € 300.000 che il comune di Ortona dovrà tirare fuori dalle proprie casse come effetto collaterale aggiuntivo di una vicenda tutta da dimenticare.

Alcuni mesi fa era arrivata anche una condanna penale inflitta a quattro persone (progettisti, collaudatore e costruttore) con pene che andavano da 8 mesi a 2 anni per falso ideologico e truffa ai danni della Regione su fatti che riguardavano il prosieguo dei lavori con la ditta subentrante (ditta Del Barone).

Insomma anche questa inchiesta penale aveva dimostrato che le cose erano state fatte perseguendo scopi diversi dall’interesse pubblico e violando norme.

Oggi i 300 posti auto interrati sono quasi tutti liberi e la struttura si avvia al declino. Eppure i danni potevano essere limitati se solo ci si fosse fermati a riflettere sulle parole, sui fatti, sulle incongruenze, sui numeri. Alla base della condanna penale per truffa c’erano le differenze tra il progetto approvato dalla giunta e l’opera effettivamente realizzata dalla ditta Del Barone. Rimangono oltre l’amaro in bocca, quei calcoli -nero su bianco- di incassi stratosferici per la gestione del parcheggio (270 mila euro l’anno, circa 800 euro al giorno) per il Comune che non si sono mai visti.

Stime chiaramente troppo ottimistiche ma buone per spingere avanti a tutti i costi un progetto fallimentare.

FONTE PRIMADANOI.IT



giovedì 14 ottobre 2010

Bocciatura Ombrina 2

Bocciatura Ombrina 2, D'Orsogna: «è la vittoria della gente»

PIATTAFORMA OFF SHOREABRUZZO. Dopo la bocciatura da parte della Commissione Valutazione Impatto Ambientale (VIA) nazionale del progetto Ombrina Mare della Mediterranean Oil and Gas i comitati ambientalisti festeggiano.


E' lunga la lista di «timori» della popolazione abruzzese sposata dal Ministero dell'Ambiente che ha portato alla bocciatura del progetto Ombrina Mare, il pozzo di petrolio con annesso centro oli a mare che la ditta inglese MOG avrebbe voluto trivellare in località Rocca San Giovanni, a 5 chilometri dagli ombrelloni.

Come rilevato dalle numerose osservazioni inviate dalla gente e dagli enti pubblici c'è il «timore di nocumento per lo sviluppo turistico», quello per il «degrado ambientale per la presenza di una nuova torre di perforazione», «l'impatto negativo di traffico, presenza di strutture a mare, smaltimento rifiuti, rilascio metalli pesanti», il «timore di possibile inquinamento da vernici, combustibili, reflui» e per la «paventata diminuzione di presenza turistica».

Poi il Ministero ha anche valutato la presenza di due siti di interesse comunitario e il vincolo paesaggistico che insiste sulla costa, da qui la bocciatura.

Tutti in regione sono consapevoli che questa è la vittoria della gente, dei comitati, di quanti con tenacia si sono opposti al progetto per salvare il proprio mare. E' la vittoria di quanti si sono messi a studiare le carte e hanno presentato le osservazioni. Il risultato concreto di una battaglia ostinata contro poteri altrettanto ostinati.

PrimaDaNoi.it ha sentito Maria Rita D'Orsogna, ortonese trapiantata negli Usa che a distanza (ma anche con numerose trasferte) ha sempre seguito in prima linea questa battaglia.

Quando ha saputo la notizia «sono stata contenta e anche un pò commossa», ammette. «Ho pensato alla prima volta che ho iniziato a raccogliere osservazioni e a quanto fossi preoccupata, se sarebbe stato utile o no coinvolgere la popolazione in massa. E poi mi sono detta, proviamoci, senza sapere come sarebbe andata a finire. Ho pensato a quelle 300 pagine del progetto e alla mia indignazione alla superficialità con cui la MOG diceva che il tutto avrebbe avuto impatti nulli o trascurabili. Ho pensato che mi sarebbe molto piaciuto essere in Italia ieri».
D'Orsona ha molto apprezzato che il Ministero nella valutazione abbia ascoltato quello che gli abruzzesi avevano da dire: «come primo motivo del rigetto ufficiale di Ombrina Mare», spiega, «ci sono le nostre osservazioni ribadendo che il parere negativo è dovuto ai timori che la comunità ha espresso. Per questo ringrazio Emergenza Ambiente Abruzzo, Fabrizia Arduini, Giosuè Guidone, Pasquale Cacciacarne e Assunta Di Florio, miei instancabili compagni di viaggio».

Adesso cosa accadrà? Non c'è più speranza per questo progetto? Come potrebbe muoversi la società?
«E' da un po’ che la MOG versa in acque difficili dal punto di vista finanziario. Nel 2009 hanno perso 2.5 milioni di euro, e nei primi sei mesi del 2010 5 milioni. Hanno già annunciato ai loro investitori che sono pronti a vendere la società nel prossimo anno per mancanza di liquidità. Ombrina Mare era il loro progetto più importante e il decreto Prestigiacomo che vieta le trivelle entro le 5 miglia dalla costa ha dato loro un duro colpo. Il parere negativo da parte del ministero è ovviamente quasi il colpo finale. Potrebbero appellarsi, potrebbero vendere la società ad altri. In ogni caso chiunque stia dietro la MOG sa che gli Abruzzesi sono determinati a che questo progetto non venga realizzato. La cosa interessante è che la MOG non ha ancora rilasciato dichiarazioni a proposito, vedremo cosa hanno da dire».

Questa vittoria che significato ha oggi? E' la dimostrazione che la gente, da sola, quando non si sente rappresentata adeguatamente dalla classe politica, può comunque continuare a lottare da sola?

«Non solo», risponde D'Orsogna, «è la dimostrazione che un popolo informato, compatto, e civilmente arrabbiato può anche cambiare la politica, che loro lo vogliano o no. Oggi è un suicidio politico dire di essere favorevoli al petrolio in Abruzzo, è questo è solo grazie all'opinione pubblica e all'incessante martellamento mediatico. E per le altre tematiche ambientali? E per l'elettrodotto dal Montenegro? E per l'inceneritore a biomasse di Punta Penne? E per la filovia di Pescara? Perchè i politici non si occupano anche di questi temi? Io non posso salvare tutto l'Abruzzo ma spero che i cittadini possano trarre fiducia da Ombrina e dal Centro Oli e continuare a rompere le scatole incessantemente, senza scoraggiarsi e forti delle proprie convinzioni».
I comitati adesso cominceranno una nuova battaglia per la perimetrazione del Parco della Costa Teatina dopo le belle vittorie portate a casa, si pensi anche a quella del Centro Oli, vi sentite più forti?
«Ovviamente occorre restare vigili, e rendersi conto che ci sono mille altre partite - petrolifere, ma non solo. Personalmente prendo le cose giorno per giorno. La vittoria da speranza, ma deve essere un punto di partenza e soprattutto un incentivo per tutta la società a darsi da fare. Siamo convinti tutti della necessità della perimetrazione del parco della Costa teatina, la politica spesso ne parla, è cosi difficile una volta per tutte decidersi?»

Alessandra Lotti 14/10/2010 9.07 PRIMADANOI.IT

martedì 12 ottobre 2010

GRAZIE ALLA DOTT.ESSA DORSOGNA

direttamente dal sito:
http://dorsogna.blogspot.com/2010/10/numero-uno-le-nostre-osservazioni.ht

GRAZIE ALLA DOTT.ESSA DORSOGNA


Tuesday, October 12, 2010
Numero uno: le nostre osservazioni!
Devo andare ad insegnare fra un po e non ho tempo, pero' sono giunte le motivazioni ufficiali del NO a Ombrina Mare. Il primo motivo sono le nostre osservazioni! Grazie a tutti voi. E' veramente una vittoria nostra e di nessun politico, checche' ne dicano.

Grazie! Questo e' quello che dice il Ministero:

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CONSIDERATO che le osservazioni presentate da Enti Pubblici e Privati, da Associazioni, esercizi commerciali e singoli cittadini attengono nella quasi totalità dei casi a:

· timore di nocumento per lo sviluppo turistico;

· timore di degrado ambientale per la presenza di una nuova torre di perforazione;

· impatto negativo di traffico, presenza di strutture a mare, smaltimento rif iuti, rilascio metalli pesanti;
· timore di possibile inquinamento da vernici, combustibili, reflui;

· timore per la paventata diminuzione di presenza turistica;

· timore di possibili nocumenti irreversibili per le aree SIC presenti sulla costa, e le altre aree protette nella zona di eventuale interferenza, in particolare per le specie arboree e l’avifauna;

· timore di nocumento per la pesca;

· timore per il possibile sversamento di idrocarburi liquidi in mare;

· timore di nocumento per le specie ittiche, per i rettili, i mammiferi marini e avifauna;

· timore di spiaggiamento cetacei;

· timore di possibili insorgenze di patologie nell’uomo in conseguenza dell’attività di sfruttamento

idrocarburi legate al rilascio di sostanze pericolose volatili e/o solubili e/o solide;

· Timore di interferenza con la flotta peschereccia e con le linee commerciali;

CONSIDERATO che il comma 17 dell’art. 6 del D. Lgs. 152/2006 come modificato ed integrato dal succitato Decreto Legislativo 29 giugno 2010, n. 128 prevede che:

"Ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia marine dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, oltre che per i soli idrocarburi liquidi nella fascia marina compresa entro cinque miglia dalle linee di base delle acque territoriali lungo l’intero perimetro costiero nazionale. Al di fuori delle medesime aree, le predette attività sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle attività di cui al primo periodo . Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai procedimenti autorizzatori in corso alla data di entrata in vigore del presente comma”

CONSIDERATO che l’intera estensione dell’area di ricerca d 355 CR SR si trova interamente entro il limite di 12 miglia marine dalla costa in cui sono presenti le aree protette;

CONSIDERATO che nella zona costiera prospiciente l’area di ricerca sono presenti due Siti di Importanza Comunitaria (S.I.C.) ai sensi della legge 394/91 la cui ubicazione è illustrata nella carta dei vincoli allegata al SIA denominati “Fosso delle Farfalle” e “Lecceta litoranea di Torino di Sangro e Foce del Fiume Sangro”;

CONSIDERATO che sulla costa insiste un’area sottoposta a vincolo paesaggistico dichiarata di notevole interesse pubblico dalla L. 1497/39 (oggi art. 136 del D.Lgs 42/2004). In particolare con D.M. 21/06/1985 è stata vincola l’area di costa (codice del vincolo 130102) denominata “Fascia costiera che va da Francavilla al Mare fino a San Salvo con colline degradanti sul mare” che interessa tutta la coste della Provincia di Chieti e parte delle aree più interne, inglobando le singole aree vincolate istituite in precedenza;

ESPRIME

parere negativo riguardo alla compatibilità ambientale del progetto “Progetto di coltivazione del giacimento

di idrocarburi Ombrina Mare nell’ambito della concessione di coltivazione d30 B.C-MD” in considerazione

di quanto previsto dall’art. 6 del D. Lgs. 152/2006 come modificato ed integrato dal succitato Decreto Legislativo 29 giugno 2010, n. 128.


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Ad maiora.

lunedì 11 ottobre 2010

Petrolio. “Ombrina Mare 2” non passa l'impatto ambientale

Petrolio. “Ombrina Mare 2” non passa l'impatto ambientale

OMBRINA MAREABRUZZO. Applicata per la prima volta la norma sul divieto di trivellazione nella fascia marina compresa entro le 5 miglia dalla costa.


Nella seduta di giovedì 7 ottobre 2010 la Commissione Valutazione Impatto Ambientale (VIA) nazionale ha espresso parere negativo sul progetto Ombrina Mare della Mediterranean Oil and Gas. «Si tratta di una decisione molto importante – dichiara Angelo Di Matteo, presidente di Legambiente Abruzzo – in quanto per la prima volta viene applicata su un progetto di coltivazione di un giacimento minerario la disposizione del Ministro Prestigiacomo sullo stop alle trivellazioni nella fascia marina delle cinque miglia dalla costa».

Il diniego espresso dalla commissione ministeriale rappresenta un importante riconoscimento per l’articolato movimento abruzzese che, costituito da associazioni e comitati, da oltre tre anni si sta opponendo al rischio concreto di deriva petrolifera regionale, che non sempre trova adeguata attenzione e sufficiente risposta da parte delle Istituzioni regionali, provinciali e comunali.

«La bocciatura conferma la validità delle nostre ragioni espresse simbolicamente questa estate durante il blitz di Goletta Verde proprio sulla piattaforma Ombrina Mare 2 - conclude Angelo Di Matteo – Uscire dal petrolio resta l’obiettivo della nostra battaglia per una politica energetica sostenibile basata sull’efficienza, sulle fonti rinnovabili e sull’innovazione tecnologica».

Il progetto ha 2 piattaforme, una mobile tipo Galloway- come quella che stazionò nel 2008 tra Ortona e San Vito - per la perforazione di 4/6 pozzi per 6/9 mesi di permanenza, e una fissa chiamata Ombrina Mare A che andrà a posizionarsi sul tripode del pozzo Ombrina Mare 2dir 2008.
A completare lo scenario, a 4Km in direzione nord est da Ombrina Mare A, si posizionerà una nave serbatoio galleggiante per il primo trattamento idrocarburi denominata Floating Production Storage Offloading -FPSO – ossia Sistema Galleggiante di Produzione, Stoccaggio e Trasbordo- che immetterà in atmosfera più di una tonnellata al giorno di fumi derivanti dal primo trattamento di idrocarburi, contenenti:
Sox (ossidi di zolfo), Nox (ossidi di azoto), CO (ossido di carbonio), H2S (idrogeno solforato), NMHC (idrocarburi non metanici ).

fonte PRIMADANOI.IT

domenica 10 ottobre 2010

Ortona, dal centro oli al centro ricerche Eni

Ortona, dal centro oli al centro ricerche Eni

ORTONA. La città si candida ad ospitare il Centro di ricerca dell’Eni qualora L’Aquila dovesse confermare la sua contrarietà anche nella seduta del Consiglio Comunale di lunedì 11 ottobre.




La proposta, che appare come una provocazione ma che tanto provocatoria poi non è, giunge dal Presidente del Consiglio Comunale, Tommaso Cieri commentando le notizie che giungono dal capoluogo.

«Sappiamo bene che il Centro di Ricerca avanzata sull’energia e l’ambiente»,spiega Cieri, «rappresenta un impegno che Eni ha assunto con il capoluogo di regione subito dopo il terremoto. Un protocollo d’intesa sottoscritto dall’Ad di Eni, Scaroni, dal Ministro della PI, Gelmini, e dal Rettore dell’Università di L’Aquila, Di Iorio. Un’opportunità, questa, che l’Abruzzo, non solo l’Aquila, non può perdere».

Quello che la multinazionale vorrebbe realizzare a L’Aquila, in collaborazione con l’Università, sarebbe il suo terzo centro di ricerca in Italia. Un investimento di 20 milioni di euro per la realizzazione di un polo di eccellenza e con prospettive di lavoro per molti.

«Quando si sente parlare di Eni subito si pensa al petrolio, alle piattaforme, ai danni ambientali ed ai rischi per la salute dell’uomo»,prosegue il Presidente Cieri, «questa volta invece la sigla è legata ad un centro di ricerca per energie alternative al petrolio. Gli stessi ambientalisti sarebbero d’accordo. L’Abruzzo sta vivendo un momento estremamente difficile: l’emergenza terremoto, il piano di rientro della spesa sanitaria, la crisi economica che sta investendo l’intero Paese ci impongono di non sbagliare. E’ giusto operare tagli là dove è necessario, ma non è sufficiente. Per rilanciare l’economia regionale è necessario investire. Non capita tutti i giorni che una multinazionale decida di investire 20 milioni di euro nella nostra regione per una struttura che non inquina e non uccide. Le opportunità vanno colte: se L’Aquila dice no, Ortona si propone come sede del centro di ricerca. Del resto sul nostro territorio ENI possiede già un distretto che è stato dismesso, ma che può essere convertito in centro di ricerca. Una proposta, questa, che non più di un mese fa, un altro gruppo, la Micoperi, ha presentato alla nostra amministrazione».

«Questi progetti di sviluppo», ha concluso Tommaso Cieri, «sono capaci di creare importanti opportunità di lavoro. La Politica ha il dovere di faredelle scelte e, quindi, di dare risposte agli imprenditori che vogliono investire in Abruzzo ed ai tanti disoccupati».

ma poi dal centro di ricerca arriverà il centro oli??? ombrina mare2???
chissà............

09/10/2010 12.25 fonte primadanoi.it

Ortona, dal centro oli al centro ricerche Eni

Ortona, dal centro oli al centro ricerche Eni

ORTONA. La città si candida ad ospitare il Centro di ricerca dell’Eni qualora L’Aquila dovesse confermare la sua contrarietà anche nella seduta del Consiglio Comunale di lunedì 11 ottobre.




La proposta, che appare come una provocazione ma che tanto provocatoria poi non è, giunge dal Presidente del Consiglio Comunale, Tommaso Cieri commentando le notizie che giungono dal capoluogo.

«Sappiamo bene che il Centro di Ricerca avanzata sull’energia e l’ambiente»,spiega Cieri, «rappresenta un impegno che Eni ha assunto con il capoluogo di regione subito dopo il terremoto. Un protocollo d’intesa sottoscritto dall’Ad di Eni, Scaroni, dal Ministro della PI, Gelmini, e dal Rettore dell’Università di L’Aquila, Di Iorio. Un’opportunità, questa, che l’Abruzzo, non solo l’Aquila, non può perdere».

Quello che la multinazionale vorrebbe realizzare a L’Aquila, in collaborazione con l’Università, sarebbe il suo terzo centro di ricerca in Italia. Un investimento di 20 milioni di euro per la realizzazione di un polo di eccellenza e con prospettive di lavoro per molti.

«Quando si sente parlare di Eni subito si pensa al petrolio, alle piattaforme, ai danni ambientali ed ai rischi per la salute dell’uomo»,prosegue il Presidente Cieri, «questa volta invece la sigla è legata ad un centro di ricerca per energie alternative al petrolio. Gli stessi ambientalisti sarebbero d’accordo. L’Abruzzo sta vivendo un momento estremamente difficile: l’emergenza terremoto, il piano di rientro della spesa sanitaria, la crisi economica che sta investendo l’intero Paese ci impongono di non sbagliare. E’ giusto operare tagli là dove è necessario, ma non è sufficiente. Per rilanciare l’economia regionale è necessario investire. Non capita tutti i giorni che una multinazionale decida di investire 20 milioni di euro nella nostra regione per una struttura che non inquina e non uccide. Le opportunità vanno colte: se L’Aquila dice no, Ortona si propone come sede del centro di ricerca. Del resto sul nostro territorio ENI possiede già un distretto che è stato dismesso, ma che può essere convertito in centro di ricerca. Una proposta, questa, che non più di un mese fa, un altro gruppo, la Micoperi, ha presentato alla nostra amministrazione».

«Questi progetti di sviluppo», ha concluso Tommaso Cieri, «sono capaci di creare importanti opportunità di lavoro. La Politica ha il dovere di faredelle scelte e, quindi, di dare risposte agli imprenditori che vogliono investire in Abruzzo ed ai tanti disoccupati».

ma poi dal centro di ricerca arriverà il centro oli??? ombrina mare2???
chissà............

09/10/2010 12.25 fonte primadinoi.it

venerdì 8 ottobre 2010

DISCARICA AMIANTO IL NO DELLA GIUNTA COMUNALE

Discarica amianto Ortona, il Consiglio comunale dice no

ORTONA. Unanime il parere contrario espresso dal Consiglio comunale.


«Non c’è un solo motivo per cui sostenere l’impianto di smaltimento di rifiuti inerti contenenti amianto che la ditta SMI intende realizzare a Villa Pincione. Questa assise esprime unanime contrarietà».

Così il sindaco, Nicola Fratino, in apertura dei lavori del Consiglio Comunale convocato d’urgenza in seduta ordinaria aperta ed a cui hanno partecipato l’assessore Regionale Mauro Febbo, il capogruppo del Pd in Consiglio Regionale, Camillo D’Alessandro, l’assessore all’Ambiente della Provincia di Chieti, Eugenio Caporrella, una delegazione del comitato spontaneo Nada e Fabrizia Arduini del Wwf.

All’esito di un sopralluogo effettuato dal Comando dei vigili urbani e dalla responsabile dello Sportello Unico delle Attività Produttive del Comune di Ortona si riscontra un’attività di movimentazione terra per modificare l’invaso. In altre parole, la Smi ha avviato i lavori di adeguamento della discarica di Villa Pincione.

Perché sono necessari lavori di adeguamento? L’autorizzazione rilasciata alla SMI per aprire la discarica di Villa Pincione è datata 11 aprile 2001. All’epoca l’amianto non era considerato “rifiuto pericoloso”. Nel 2003 cambia la normativa in materia. La SMI non adegua l’impianto ed è costretta a sospendere l’attività in quel sito.

Secondo il Comune di Ortona, la sospensione dell’attività per mancato adeguamento dell’impianto determina la decadenza dell’autorizzazione. Di conseguenza, la richiesta avanzata nel 2005 dalla SMI, (di ripresa dell’attività nella discarica), deve considerarsi una vera e propria richiesta di nuova autorizzazione, per ottenere la quale la procedura è diversa e più complessa.

In questo lasso di tempo, il Consiglio Regionale ha approvato la L.R. del 02.08.2010 n.36, (di cui è primo firmatario l’assessore regionale Mauro Febbo), che all’art.1 comma 3 recita: “sono sospesi i procedimenti di rilascio delle autorizzazioni e gli effetti delle autorizzazioni già rilasciate per la realizzazione e l’esercizio di impianti di smaltimento di rifiuti contenenti amianto non ancora in funzione”.

La legge è stata pubblicata sul Bura il 13 agosto scorso ed è entrata in vigore il giorno successivo. «In sede di Conferenza di Servizio», ricordano oggi dall'amministrazione pubblica, «il Comune di Ortona ha sempre espresso la sua contrarietà alla discarica di amianto, presentando, peraltro, ricorso al TAR avverso alla VIA».

Ad oggi, il Comune di Ortona non ha ricevuto alcuna comunicazione di inizio lavori da parte della SMI che fa sapere di avere inoltrato l’informativa alla Regione Abruzzo, direzione Protezione Civile e Ambiente, Servizio gestione rifiuti.

Nella nota la società comunica che i lavori sarebbero iniziati il 16 agosto 2010, quindi in data successiva all’entrata in vigore della L.R. n.36. che sospende, di fatto, l’autorizzazione della SMI. Di contro, a tal riguardo, pare che il dirigente Franco Gerardini abbia chiesto un parere all’Avvocatura regionale. Si attende il Piano di settore che stabilisce i criteri per individuare i luoghi e gli impianti idonei per la realizzazione e l’esercizio di impianti di smaltimento di rifiuti inerti contenenti amianto. Tale piano deve essere emanato dalla Giunta regionale entro 120 giorni dall’entrata in vigore della L.R. n.36.

08/10/10 12.26 FONTE PRIMADI NOI.IT